Transessualità o transessualismo: dall’origine agli sviluppi

Il transessualismo è la condizione di una persona la cui identità sessuale fisica non è corrispondente alla condizione psicologica dell’identità di genere (il genere esperito/espresso) maschile o femminile e che, sovente, persegue l’obiettivo di un cambiamento del proprio corpo, attraverso una cura ormonale e interventi medico-chirurgici volti a riattribuire l’identità fisico-psicologica.
Secondo il DSM (manuale di classificazione delle malattie mentali), la persona transessuale può soffrire per l’incongruenza tra il genere esperito o espresso e il genere assegnato biologicamente. Questa condizione di sofferenza, chiamata “disforia di genere”, può svilupparsi già nei primi anni di vita, durante l’adolescenza o, più raramente, in età adulta.

Arcobaleno

BREVE STORIA del TRANSESSUALISMO

Per molti decenni fra la fine del 1800 e i primi venti anni del 1900 la persona transessuale veniva sottoposta a tentativi di “guarigione”, ovvero di scomparsa del “disturbo”, sia attraverso la psicoterapia, sia attraverso la somministrazione di ormoni del proprio sesso genetico.
Tali tentativi furono fallimentari e determinarono un numero elevato di suicidi fra le persone transessuali che subivano tali trattamenti. Soltanto intorno al 1960 si iniziò a pensare che l’unica “guarigione” della persona transessuale si potesse ottenere adeguando il corpo alla psiche e non viceversa.
Si tratta dell’unica patologia classificata come psichiatrica a non essere curata psichiatricamente. Lo psichiatra infatti non “guarisce” la persona transessuale facendola nuovamente sentire a proprio agio con il suo sesso di origine, bensì avviando la persona a cui è diagnosticata la “disforia di genere” alle terapie endocrinologiche e/o chirurgiche per iniziare il percorso di transizione.
Lo psichiatra può intervenire nel curare la sofferenza mentale secondaria a questa condizione.
Il movimento transessuale mondiale rifiuta l’inquadramento psichiatrico della propria condizione, pur essendo consapevole del fatto che il proprio stato richiede l’intervento della medicina per trasformare la sofferenza in una condizione accettabile della qualità di vita.

Per chiarezza terminologica è necessario differenziare tra:

  • identità biologica (o sesso biologico) si riferisce alla presenza in un individuo degli indicatori fisici di maschio e femmina (considerati nel contesto della capacità riproduttiva), come i cromosomi sessuali, le gonadi, gli ormoni sessuali, e gli organi genitali sia interni sia esterni non ambigui;
  • identità di genere è la convinzione soggettiva, permanente e precoce di essere uomo o donna; è la consapevolezza interiore che porta a dire a un individuo “io sono uomo” o “io sono donna” o qualcosa di diverso da queste due polarità. L’identità di genere può essere armonica e coincidere con quella biologica oppure può essere disarmonica ed essere in conflitto col corpo assegnato dalla natura, come accade nei transgender; può essere congrua rispetto al sesso anatomico (biologico) e accompagnarsi a un ruolo di genere (comportamento esteriore) considerato dissonante o a un orientamento sessuale omo- o bisessuale; come anche può accadere che identità di genere e ruolo di genere coincidenti si esprimano ugualmente verso l’omosessualità;
  • identità di ruolo o ruolo di genere comprende l’insieme di aspettative e ruoli su come gli uomini e le donne si debbano comportare in una data cultura e in un dato periodo storico.  Riguarda le caratteristiche comportamentali considerate tipiche dell’identità maschile o femminile (vestiti, stile dei capelli, modo di parlare e di esprimersi, atteggiamenti, tratti di personalità, interessi, abitudini, ecc.);
  • orientamento sessuale indica l’attrazione emozionale, romantica e/o sessuale di una persona verso individui dello stesso sesso, di sesso opposto o entrambi. È distinto dal sesso biologico, dall’identità di genere e dall’identità di ruolo;
  • transgender, si riferisce all’ampio spettro di individui che si identificano in modo transitorio o persistente con un genere diverso da quello assegnato alla nascita; l’identità di genere non coincide con quella biologica e col ruolo sociale atteso;
  • transessuale, indica un individuo che desidera attuare o ha attuato una transizione sociale da maschio a femmina o da femmina a maschio, che in molti casi, anche se non in tutti, comporta una transizione somatica per mezzo di un trattamento con ormoni del sesso opposto e chirurgia degli organi genitali;
  • intersessualità è la condizione in cui l’individuo può presentare caratteristiche anatomiche interne ed esterne patologiche sia maschili che femminili (ad es. la sindrome parziale di insensibilità agli androgeni);
  • disforia di genere si riferisce alla sofferenza che può accompagnare l’incongruenza tra il genere esperito o espresso da un individuo e il genere assegnato biologicamente alla nascita. Anche se non tutti gli individui soffrono per tale incongruenza, molti soffrono se non riescono a ottenere gli interventi fisici (medici e chirurgici) desiderati. Il termine si concentra sulla disforia come problema clinico e non sull’identità in sé.

DISFORIA DI GENERE

Come si manifesta?

  • marcata discrepanza e incongruenza tra il genere esperito/espresso da un individuo e le caratteristiche sessuali primarie (le gonadi maschili e femminili) e/o secondarie che compaiono durante la pubertà in seguito alla stimolazione ormonale (nei maschi la crescita dei peli e della barba, l’ingrandimento del pene,…; nelle femmine la crescita dei peli sul pube, la crescita del seno, l’inizio delle mestruazioni,…);
  • forte desiderio di liberarsi delle proprie caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie;
  • forte desiderio per le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie del genere opposto;
  • forte desiderio di appartenere al sesso opposto;
  • forte desiderio di essere trattato come appartenente al genere opposto;
  • forte convinzione di avere i sentimenti e le reazioni tipici del genere opposto;
  • si accompagna a sofferenza significativa (ansia, depressione, tentativi di suicidio) a disturbi del comportamento, a compromissione del funzionamento nella vita sociale, lavorativa, familiare.

QUALI LE CAUSE?

Le cause del transessualismo sono ignote perché ancora poco si conosce dell’interazione tra biologia e ambiente nel modellare la sessualità umana.
Alcuni ipotizzano che ciascun neonato, alla nascita, sia neutro dal punto di vista psicosessuale e che l’identità sessuale sia totalmente influenzata durante i primi anni di vita dalle circostanze sociali e ambientali.
Alcuni studiosi propongono che un lieve deficit di androgeni nei feti geneticamente maschi possa consentire una strutturazione femminile del cervello e quindi predisporre alla omosessualità. Per contro un eccesso di androgeni in un feto geneticamente di sesso femminile potrebbe indurre un comportamento postnatale di tipo maschile e condurre alla omosessualità femminile.
Sembra più verosimile affermare che, nell’uomo, le influenze socioculturali non rappresentano gli unici fattori responsabili della definizione dell’identità di genere, ma anche l’ambiente ormonale presente in epoca prenatale e probabilmente influenze di tipo genetico svolgono un ruolo importante in questo processo.

CONDIZIONE UMANA E SOCIALE

La realtà transessuale investe entrambe le direzioni di transizione: esistono quindi transessuali maschi transizionanti femmina (MtF) e transessuali femmine transizionanti maschio (FtM).
Le persone transessuali, nelle attuali società occidentali, subiscono tendenzialmente forti discriminazioni in ambito sociale e lavorativo.
La discriminazione, la violenza psicologica e/o fisica, e lo stigma sociale che subiscono le persone transessuali, sono tutti fenomeni che possono essere annoverati sotto il termine di “transfobia”.
La “transfobia”, apparentemente può sembrare una traduzione equivalente dell’”omofobia”, ma lo stigma sociale della persona transessuale è in genere molto più elevato rispetto a quello riservato alle persone omosessuali.
In ogni caso lo stigma sociale verso i transessuali che da maschio transitano a femmina è tale da rendere difficile l’inserimento lavorativo degli stessi.
Se a questo si aggiunge che spesso le famiglie ripudiano il figlio transessuale e i costi della transizione, diventa evidente una spinta della stessa società affinché il transessuale si dedichi alla prostituzione per sopravvivere.

IL PERCORSO DI TRANSIZIONE

Normalmente, una persona che si ritiene transessuale deve in primis rivolgersi a uno psichiatra che diagnostichi la “disforia di genere”. Solo dopo questa certificazione può rivolgersi all’endocrinologo per la terapia ormonale sostitutiva.
Deve inoltre essere assente nel genoma ogni riferimento all’intersessualità. Senza questa diagnosi l’endocrinologo non potrebbe agire in quanto, in questo particolare caso, il suo compito è quello di ammalare organi sani.
Successivamente, o in accompagnamento alla terapia ormonale, la persona transessuale può sottoporsi a trattamenti estetici-chirurgici.
Effettuato il trattamento ormonale, secondo la legge 164/82 la persona transessuale può richiedere al Tribunale autorizzazione agli interventi chirurgici di conversione sessuale (penectomia, orchiectomia e vaginoplastica per MtF; mastectomia, isteroannessiectomia, falloplastica per FtM).
Ottenuta sentenza positiva, la persona transessuale ha diritto all’intervento sui genitali a carico del Sanità pubblica.
Effettuato l’intervento, la persona transessuale deve nuovamente rivolgersi al Tribunale per chiedere il cambiamento di stato anagrafico. Ottenuta la sentenza positiva, tutti i documenti d’identità vengono modificati per sesso e per nome.