La monogamia è biologicamente più efficace della poligamia?

monogamia

La poligamia nella specie umana, è un modello relazionale antichissimo, che si avvale di retaggi di puro interesse genetico, finalizzati a garantire la continuità della specie e la variabilità della stessa. Difatti, uno studio dell”Università dell’Iowa pubblicato sulla rivista “Perspectives on Sexual and Reproductive Health”, ha analizzato la monogamia di circa ottocento partecipanti, adulti ed eterosessuali fra i 18 e i 60 anni, chiedendo loro, tutta la verità sulle loro relazioni al di fuori della coppia, ovverosia parlare dei loro tradimenti.
E’ emerso che un terzo degli intervistati tradiva, con una certa parità tra uomini e donne che vivevano nelle cosiddette coppie aperte, mentre, nelle relazioni in cui il partner è fedele, il primo posto sul podio del tradimento, spetta all’uomo. Sembra che questa modalità di comportamento, possa essere ridimensionata, quando i due partner, essendo sentimentalmente impegnati, sono sotto l’effetto di un ormone: l’ossitocina, che viene prodotta nell’ipotalamo e svolge un ruolo fondamentale nello scatenare il parto, facilitare l’allattamento ed inoltre risulta anche coinvolta nella formazione dei legami sociali. Negli esseri umani e in altri animali è nota nel promuovere legami tra genitori e figli e tra le coppie. Inoltre, studi precedenti hanno dimostrato che l’ossitocina aumenta la fiducia tra le persone e sembra, a detta dell’Università di Bonn in uno studio pubblicato sul “The Journal of Neuroscience”, rinforzare l’evitamento di donne attraenti negli uomini impegnati in una relazione sentimentale.

Punti di vista sulla monogamia

In termini sociali si può dire che la monogamia ha vinto sulla poligamia e risulta, nonostante tutto, il modello più diffuso. Diversi autori hanno cercato di spiegare il fenomeno, primo fra tutti Alexander (1979) che con la teoria del “compromesso maschile”, fa riferimento allo sviluppo democratico seguito alla rivoluzione industriale, attraverso il quale gli uomini più ricchi e potenti rinunciano alle pratiche poligamiche, in cambio di supporto politico da parte degli uomini più poveri, innescando quindi stabilità sociale.

Lagerl (2010) sempre sulla scorta di Alexander, sostiene che questo compromesso sia stato innescato per evitare la minaccia della ribellione degli uomini di rango inferiore, privati delle donne e del diritto alla riproduzione.

Di tutt’altra prospettiva sono invece, Kanazawa e Still (1999) che hanno sostenuto la teoria della “scelta femminile”, che attribuisce l’idea della monogamia ad una decisione femminile e non maschile, perché in un contesto dove vi sono forti disuguaglianze nelle risorse fra gli uomini, le donne scelgono la poligamia (cioè scelgono di sposarsi con il ricco, anche se non sono le uniche mogli). Mentre dove le disuguaglianze sono comparativamente minori, le donne preferiscono invece la monogamia, che permette un migliore investimento sulla prole.

Gould, Moav e Simhon (2008) pensano che la monogamia sia emersa come conseguenza di un aumento del valore della qualità, piuttosto che della quantità, dei figli. Se i figli hanno un valore qualitativamente maggiore, anche la moglie deve essere di valore, rispetto a tante donne di minore qualità.

Recenti studi quantitativi e qualitativi sull’effetto della poligamia nell’allevamento dei figli (Elbedour et al., 2002) hanno messo in evidenza come i bambini nati in matrimoni poligami, sperimentano maggiormente il conflitto coniugale, la violenza familiare, le disgregazioni familiari, il disagio coniugale, soprattutto correlati a livelli elevati di infelicità delle madri nelle unioni poligame, l’assenza del padre e lo stress finanziario.

In sostanza la poligamia può funzionare solo in una società arcaica, dove vi sono bassi livelli di istruzione e poche opportunità economiche ed è per questo motivo che non regge il confronto con la monogamia seriale, che permette a uomini e donne una maggiore libertà sessuale e riproduttiva, oltre che un maggior benessere personale.

La ricerca è stata approfondita, tra gli altri testi su: “From polygyny to serial monogamy: A unified theory of marriage institutions” e su ” Human origins and the transition from promiscuity to pair-bonding“.


I ricercatori hanno somministrato ossitocina o placebo attraverso uno spray nasale a un gruppo di maschi eterosessuali e quarantacinque minuti più tardi a ciascuno è stato chiesto di valutare la distanza ideale alla quale collocare una sperimentatrice, giudicata successivamente come attraente per il soggetto. L’ossitocina ha indotto gli uomini impegnati sentimentalmente, ma non i single, a mantenere una maggiore distanza con la donna. In un secondo esperimento, inoltre, i ricercatori hanno scoperto che l’ossitocina non ha avuto alcun effetto nella regolazione la distanza interpersonale tra uomini.
Questi risultati replicano quelli di un precedente studio condotto sui roditori, che ha identificato l’ossitocina come la chiave principale nella formazione del legame di coppia e nella fedeltà monogamica di questi animali. I dati suggeriscono che il ruolo dell’ossitocina nel promuovere comportamenti di monogamia è conservato dai roditori all’uomo.

In uno studio su donne sudanesi, ad esempio, i ricercatori hanno concluso che le donne non amano affatto la poligamia, ma non ci possono fare nulla. Il divorzio è un diritto che hanno solo gli uomini nel Sudan, qualunque sia il comportamento del marito. Gli uomini possono divorziare dalle donne quando vogliono o prendere un’altra moglie, il che è fonte di insicurezza e di ansia per le donne, che per questo non riescono a distaccarsi dalle norme sociali più conservatrici, come la mutilazione genitale. (Mukhopadhyay et al., 2001).