La sessualità nell’Islam: il rapporto sessuale come preghiera

E uno dei Suoi Segni è che Egli v’ha create da voi stessi delle spose, acciocché riposiate con loro, e ha posto fra di voi compassione ed amore. E certo in questo v’ha un segno per gente che sa meditare!” (Corano, XXX, v.21)

Nella visione coranica del mondo l’amore fisico sfocia direttamente nell’ordine comunitario. Il sociale acquisisce senso attraverso il biologico o, se si preferisce, l’amore fisico è esortato a spiritualizzarsi in un processo di trascendenza verso il collettivo. Una volta che la coppia si è formata, appare in effetti la distinzione fondamentale tra pubblico e privato che contraddistingue la vita di tutti noi. La sessualità è presenza nel mio corpo, ma anche presenza nel corpo dell’altro. La sessualità è superamento della solitudine. È un richiamo all’altro e questo già a livello erotico.” (La sessualità nell’islam di Abdelwahab Bouhdiba p.10)

Il Corano contro la repressione degli istinti sessuali

L’Islam ritiene inopportuno e contro il volere di Allah il voler reprimere gli istinti sessuali, al contrario il sesso è fortemente raccomandato dal Corano e dalla Sunnah. Tuttavia è halal (lecito) avere rapporti sessuali solo con la propria moglie o marito.

Beati i credenti, – che nella preghiera loro son umili, – che le futilità schivano, – che l’elemosina donano, – che la castità custodiscono – (eccetto con le proprie mogli ma chi desideri più di questo sarà un trasgressore” (Corano, XXX, vv. 1-7)

In una discussione tra il Profeta e i fedeli sui pilastri dell’Islam, il sesso viene addirittura paragonato alla carità. Il venticinquesimohadith della raccolta di Nawawi racconta:

I compagni più poveri tra tutti coloro che seguivano il Profeta durante l’egira dalla Mecca a Medina gli andarono a parlare: “Alla fine il fatto di avere i soldi prevale sulla ricompensa promessa da Dio nell’Aldilà! I ricchi pregano tutti come noi. Fanno tutti il digiuno come noi! Ma, in più, possono fare la carità con i soldi che gli rimangono, mentre noi non abbiamo i soldi per fare la carità!” Allora il Profeta rispose loro: “Pensate che Dio non vi abbia dato il necessario per fare la carità? Ma ogni glorificazione di Dio è una forma di carità! Ogni esaltazione di Dio è una forma di carità! Ogni comandamento del bene che sia proferito è una forma di carità! E in ogni opera della carne c’è una forma di carità!” I compagni, stupiti, gli chiesero: “In che modo, Inviato di Dio, noi potremo soddisfare i nostri desideri e riceveremo una ricompensa per questo?” “Farlo in maniera illecita implica certo una punizione! Così come farlo in maniera lecita implica una ricompensa”

È nel piacere, ma essenzialmente nel piacere condiviso con il proprio coniuge, che è presente l’opera di carità, uno dei cinque pilastri dell’Islam.

L’astinenza dai piaceri sessuali non solo è ritenuta una cosa “vana”, ma addirittura contraria al volere di Allah.

Lo stesso Maometto nel Corano viene rimproverato da Allah per aver giurato di fare lo sciopero dei rapporti sessuali con le sue mogli in seguito a dei conflitti domestici: “O Profeta! Perché dichiari illecito quel che Iddio t’ha permesso, per cercare di compiacere le tue mogli?” (Corano, LXVI, v. 1)

Diversi sono gli aneddoti che vedono il Profeta rimproverare i mariti che si astengono dai piaceri e, in particolare, dai rapporti sessuali.

Oh ‘Uthman! Allah non mi ha inviato alla vita monastica, anzi. Io digiuno, prego e mantengo anche rapporti intimi con mia moglie. Quindi a chiunque piaccia la mia tradizione, dovrebbe seguirla!

Cos’è successo ad alcuni dei miei compagni, che non mangiano carne, non usano profumo e non vanno dalle loro donne? Al contrario, io mangio carne, uso profumo e vado dalle mie mogli. Perciò, non è dei miei chiunque non accetti la mia tradizione.

Vi astenete dalle donne, mentre io vado con le donne?! Mangio di giorno e dormo di notte! Chiunque disapprovi la mia tradizione, non è dei miei.” Dopo questo discorso, Allah rivelò il seguente versetto:

O voi che credete! Non privatevi, come fossero illecite, delle buone cose che Iddio v’ha reso lecite, senza però passar la misura, ché Dio non ama i trasgressori.” (Corano, V, v. 87)

L’amore è preghiera ed espiazione dei peccati

A proposito della ricompensa del rapporto sessuale, Maometto disse: “Quando un uomo si avvicina a sua moglie, è protetto da due angeli ed è come un guerriero che combatte per la causa di Allah. Quando ha un rapporto con lei, i suoi peccati cadono come le foglie dall’albero.”

Da questi aneddoti emerge l’importanza dell’amore fisico tra i coniugi. Senza il consenso dell’altro, a nessuno di loro è permesso intraprendere pratiche religiose che prevedano l’astinenza dai rapporti sessuali.

Viene fatta solo un’eccezione. L’îlâ è un giuramento attraverso il quale il marito rende illecita sua moglie per un dato periodo di tempo. Il Corano ammette la validità di questo giuramento, ma ne limita la durata a quattro mesi, alla fine dei quali il marito che non fa ritorno al letto coniugale è definitivamente separato da sua moglie.

Secondo un proverbio diffuso tra i cadhis, ossia i giudici religiosi musulmani, “la devozione non può sospendere i diritti sessuali”.

Come afferma Abdelwahab Bouhdiba, la personalità dell’uomo culmina soltanto nell’intimità sessuale. L’unità fondata dal nikâh’ (matrimonio) è una missione creatrice in quanto si basa su una libertà di cui ci si assume la responsabilità in un contesto di vita condiviso con l’altro. Quest’intuizione essenziale fa del nikâh’ una missione sacra. Il piacere sessuale rinvia a Dio. La donna non è un bene in possesso dell’uomo, né un male in sé e ancor meno uno strumento di piacere o semplice divertimento: è la relazione d’affetto che li unisce che conta. D’altro canto, nell’Islam l’amore è una vera e propria preghiera.