Definizione ed epidemiologia
Lo studio scientifico della violenza sessuale è un tema complesso e delicato a causa di notevoli limitazioni derivanti dalla dominanza di modelli culturali maschilisti.
Gli ultimi aggiornamenti dell’ISTAT rilevano che oltre la metà (55,4%) delle donne tra i 14 e i 59 anni ha subito almeno una molestia sessuale, un ricatto sessuale sul lavoro o una violenza, tentata o consumata, nel corso della vita.
Lo studio degli abusi perpetrati sulla donna deve tener conto di come molte società abbiano costruito nel tempo modelli di relazione nei quali la dominanza e i privilegi maschili portano a un’estrema tolleranza o addirittura una legittimazione di alcune forme di violenza.
Definire esattamente il fenomeno e la sua frequenza ed estensione appare pertanto un’impresa estremamente difficoltosa, tanto che i risultati delle ricerche devono considerare i grossi limiti di rilevazione. È necessario dunque ipotizzare una costante sottostima rispetto alla reale frequenza delle varie forme di violenza sessuale.
Sebbene negli ultimi decenni sia decisamente aumentata la sensibilità e il riconoscimento che la violenza di tipo sessuale rappresenta una grave violazione dei diritti della donna e un importante fattore di rischio per la salute psicofisica, le enormi differenze tra gli specifici contesti socio-culturali e ambientali in cui le violenze possono essere agite rendono estremamente difficile effettuare paragoni o trovare definizioni universalmente condivise che permetterebbero di standardizzare i risultati.
Parlare, in pratica, di violenza sulle donne significa considerare una serie di forme di abuso che variano in rapporto a chi usa violenza nei diversi contesti culturali e in base all’età delle vittime.
Le figure abusanti sono:
- I partner. Queste violenze si verificano sulle donne in età fertile o anziana e consistono nella discriminazione di accesso alle risorse alimentari e alle prestazioni sanitarie, nella violenza in gravidanza, nell’abuso psicologico, nella violenza psicologica e sessuale.
- I membri della famiglia. Queste violenze che si verificano in età precoce (perinatale, infantile e adolescenziale) e nelle donne in età fertile – consistono in uccisioni per delitti d’onore o perché i maschi vengono abbandonati dalle femmine (i cosiddetti femminicidi), nella violenza fisica e nell’abuso psicologico, nella coercizione sessuale, nello stupro, nelle molestie (inclusi abusi sessuali sui bambini), nella violenza in gravidanza, nelle mutilazioni genitali femminili (l’infibulazione nelle bambine), nell’infanticidio di bambine e nell’aborto selettivo per il sesso.
- Gli estranei. Queste azioni si verificano precocemente sotto forma di coercizione sessuale, di stupro e molestie oppure in età riproduttiva come violenza organizzata (stupri in corso di guerre etniche), obbligo alla prostituzione, sfiguramento da acido.
Conseguenze psicopatologiche in età adulta
Le donne vittime di violenza sessuale hanno una maggiore probabilità rispetto alle altre di sviluppare il disturbo post-traumatico da stress, sogni angosciosi e il ricordo angoscioso dell’evento, i disturbi della condotta sessuale (assenza di desiderio sessuale, avversione sessuale, dolori genitali…), la depressione maggiore e i disturbi del comportamento alimentare.
Abuso infantile e disturbi psichiatrici
L’abuso infantile, in qualunque sua forma (psicologica, fisica, sessuale), è una silenziosa epidemia, che colpisce a tutti i livelli socio-economici e le cui vittime restano in molti casi misconosciute. Anche se il ruolo di causa-effetto non è ancora stato dimostrato, ci sono forti evidenze a favore della correlazione tra l’esperienza traumatica dell’abuso infantile e l’insorgenza in età successiva di malattie psichiatriche; l’eventuale ruolo causativo dell’abuso può tuttavia essere solo ipotizzato. I soggetti vittime di abuso provengono spesso, infatti, da ambienti sociali e familiari disfunzionali (genitori alcolisti o con disturbi mentali, residenza in luoghi poveri e disagiati) e nel corso della vita sperimentano numerosi altri traumi (abusi anche in età adulta) ed eventi di vita negativi; tutti elementi questi che di per sé possono avere un ruolo nello sviluppo dei disturbi psichiatrici.
Molti dati correlano positivamente per l’associazione tra abuso infantile e disturbo post-traumatico da stress.
Il meccanismo patogenetico consisterebbe in un processo di sensibilizzazione al pericolo prodotto nel minore in seguito agli eventi traumatici. Il cervello infantile ricorda il trauma e iper-reagisce quando è messo di fronte a un nuovo stress (anche diverso da quello sessuale).
Anche nella depressione, soprattutto femminile, si pensa a un meccanismo simile, mentre nel disturbo bipolare i dati evidenziano solo una maggiore gravità della patologia nei soggetti che riferiscono una storia di abuso.
I dati concordano inoltre nel riconoscere una significativa correlazione tra abuso infantile e disturbi del comportamento alimentare, disturbi da abuso di sostanze (ad es. l’alcolismo) e disturbi di personalità.
Più in particolare nel caso dei disturbi dell’alimentazione la correlazione è alta per la bulimia e il disturbo di alimentazione incontrollata, bassa per l’anoressia mentale.
Fra i disturbi di personalità, il più studiato in relazione a una storia di abuso in età infantile è il disturbo borderline di personalità. Sembra che tra i soggetti affetti da questo disturbo ci sia un’alta percentuale di vittime di maltrattamento infantile sia sotto forma di abuso (fisico e/o sessuale) sia di negligenza nelle cure parentali.
L’abuso sessuale, oltre a essere di per sé un evento traumatico, può essere visto anche come il principale marker (indicatore) di un ambiente familiare gravemente disfunzionale da cui originano i problemi interpersonali conducenti allo sviluppo di futuri problemi psichiatrici.
Quasi tutti gli studi correlano positivamente per una relazione tra abuso infantile e successivo sviluppo di abuso di sostanze. È importante notare come molti figli di alcolizzati siano a loro volta alcolizzati e come la violenza sia molto frequente in queste famiglie. Il bambino che ha subìto abuso potrebbe quindi ereditare dai genitori, sia da un punto di vista genetico sia comportamentale, la tendenza a cercare nell’alcol il rimedio a qualunque tipo di stress e diventare a sua volta abusatore.