Che cosa significa davvero “Perversione”?
Parola spesso usata con significato sia positivo che negativo, tanto che non si capisce mai bene le persone che la usano che significato le stiano conferendo davvero.
Chi la vede come positiva la utilizza per esprimere un lato libertino e giocoso della propria sessualità, mentre altri come un termine molto giudicante o umiliante verso la persona che ha determinati gusti sessuali.
Andiamo a vedere il significato di questa parola su Treccani:
– deviazione, allontanamento dalle norme morali e sociali riconosciute e condivise
– qualsiasi modificazione in senso ritenuto deteriore, patologico, di un processo psichico, di un sentimento o comportamento, di una tendenza istintiva
– perversioni sessuali, espressione usata, spec. in passato, per indicare sindromi psicopatiche caratterizzate da deviazioni del comportamento sessuale considerato normale, per cui l’istinto sessuale è diretto verso un oggetto anomalo (pedofilia, zoofilia, necrofilia e feticismo), oppure trova soddisfacimento con pratiche erotiche diverse dal normale amplesso (esibizionismo, scopofilia, sadismo, masochismo, ecc.)
Questo significato si rifà molto al significato dato nel DSM che era in vigore fino al 2012, dove le parafilie erano descritte come perversioni, ma ancora definite come qualcosa di negativo. Mentre è dal 2013 che il DSM fa una distinzione tra “parafilia” e “disturbo parafilico”, cercando di diminuire ancora di più l’accanimento negativo verso tutte le parafilie e i feticismi che una persona può avere senza essere “disturbato”.
Per disturbo parafilico si intende un interesse vissuto con angoscia propria (potrebbe anche essere vissuto con angoscia un bacio, per esempio), un desiderio che porti a un disagio psichico, delle ferite o la morte di una persona, che coinvolgano persone non consenzienti o a loro insaputa.
Spesso quando si usa il termine “Perversione” e suoi derivati connessi a feticismi o gusti sessuali diversi da quelli “politicamente corretti”, questa parola si porta dietro un antico significato negativo.
Viene associata a gusti e pratiche sessuali che non si conoscono o non piacciono, dando così un giudizio fortemente negativo sia sulla persona che sui gusti e sulle pratiche stesse, anche se non sono catalogati come patologici.
Basti pensare all’espressione che possono adoperare alcune persone quando sentono parlare del pissing, ad esempio (o urofilia). La prima esclamazione che sorge spontanea è: “che pervertito/a!”; senza pensare che tra gli ascoltatori potrebbe esserci un amante di questa pratica e che potrebbe sentirsi così giudicato.
Resta ancora difficile, per chi non è informato, comprendere se una pratica o un gusto siano davvero una perversione, intesa qua in modo erroneo come deviazione dalla “normalità”.
Ho scelto questa parola per mostrare quanto il suo uso sia insito in molte frasi che si leggono. E prima di tutto nelle definizioni di parafilie e feticismi.
In moltissimi articoli e testi si è ancora indietro con le definizioni da DSM e ci ritroviamo con testi ampiamente normativi, ovvero che ci dicono cosa sia normale e cosa no, che ci danno una regola.
A parte le leggi che servono per proteggere le persone, quindi vale la regola del consenso e se una persona non lo da si viola la legge, della sicurezza della persona e dello stato di salute psichico non si può giudicare i loro gusti, dire se siano normali o meno.
Magari possiamo non comprendere come mai ci siano persone che si eccitano ad abbracciare un albero o a strusciarsi col cibo, ma non per questo le dobbiamo etichettare come malate/pervertite e via dicendo.
Come usare questa parola?
Come più vi piace direi! L’importante è che se la usate con un/a vostro/a partner il significato sia lo stesso e con senso positivo. Se una proposta del/la vostro/a partner non vi piace e vi fa un po’ scombussolare lo stomaco o se salta fuori come argomento di discussione, dirgli/le che è una cosa perversa potrebbe incrinare qualcosa. Si può comunicare il proprio sentire in altri modi, ad esempio dicendo: “guarda, a me questa cosa non piace e gradirei non provarla. A te cosa ispira questa cosa?”
Questo per accogliere meglio il sentire di quella persona, magari cercare di comprendere un altro punto di vista e non dare un giudizio con una semplice espressione che potrebbe sembrare innocua.
E’ più facile il suo uso in senso positivo, perchè di solito il tono della voce o una emoticon piazzata nel modo giusto, può aiutare chi ci ascolta a riceverla come commento positivo.