I comportamenti sessuali degli antichi romani tra mos maiorum e perversione
La società romana mostra due facce della stessa medaglia.
Una è quella della “romanità” tradizionale e conservatrice, per certi aspetti abbastanza retorica: compostezza, salvaguardia dell’ordine pubblico, culto della famiglia e del focolare domestico, fedeltà coniugale.
ESEMPIO DI COMPOSTEZZA ROMANA
La repressione sanguinosa dei baccanti (186 a.c.) che celebravano i baccanali, ossia i riti orgiastici in onore di Diònisio/Bacco, che dalla Magna Grecia, attraverso l’Etruria, si erano diffusi in tutta la Penisola. Considerati pericolosi per l’ordine pubblico, questi culti furono violentemente disprezzati e contrastati dai conservatori romani legati alla morale del mos maiorum.
ESEMPIO DI FEDELTA’ CONIUGALE
Lucrezia, moglie di Tarquinio Collatino, violentata da Sesto, figlio di Tarquinio il Superbo (l’ultimo re di Roma), non può sopravvivere all’oltraggio e si uccide. Questo sacrificio eroico della vita sull’altare della fedeltà coniugale avrebbe fatto esplodere l’ira dei romani e la rivolta contro la monarchia, con la cacciata del re e la fondazione della Repubblica.
L’altra faccia della medaglia è l’estremo opposto: una sfrenata libertà sessuale, un’infedeltà coniugale diffusa, soprattutto nella classe sociale più elevata, la prostituzione a tutti i livelli, l’omosessualità anch’essa diffusa, ma con aspetti e in forme molto particolari.
ESEMPIO DI PERVERSIONE E RAPPORTI INCSTUOSI
Negli ultimi anni della sua vita Caligola cadde in una spirale profonda di perversione. In modo frequente infatti stuprava regolarmente le sue tre sorelle Agrippina, Drusilla e Livilla. Svetonio racconta che “l’incesto era parte integrante della sua vita quotidiana”, e quando le sue sorelle lo facevano irritare allestiva delle tende in cui chiunque voleva poteva stuprarle, pagando una specie di biglietto d’entrata.
ESEMPIO DI OMOSESSUALITA’ OSTENTATA
Celebre il matrimonio di Nerone con i suoi due amanti omosessuali.
Il primo, Sporo, venne fatto castrare, e si sposò con Nerone in un matrimonio tradizionale, in cui ricopriva il ruolo della sposa. L’altro amante, Pitagora, faceva la parte del marito e durante la loro prima notte di nozze Nerone è stato sentito “mentre imitava i lamenti di una donzella che veniva sverginata.
“I costumi sessuali romani erano caratterizzati da due concetti.
- Innanzitutto, si trattava di una società schiavista. Una distinzione fondamentale era tra chi era nato uomo libero e chi era schiavo. Il padrone aveva pieni poteri nei confronti degli schiavi, compreso il diritto di vita o di morte e quello di richiedergli prestazioni sessuali a proprio piacimento.
- Un secondo pilastro della visione della sessualità era la netta distinzione tra “attività” e “passività”, ossia tra chi nel rapporto sessuale aveva un ruolo attivo e chi uno passivo. Il vero uomo è il cittadino libero e sessualmente attivo. Nessun libero cittadino poteva acconsentire a giocare un ruolo passivo, pena il dileggio e lo scherno sociale. La passività coincide con la mancanza di virilità, la mollezza e l’effeminatezza. Mentre i rapporti rientranti nella categoria dell’attività erano approvati, quelli rientranti nella passività erano disapprovati, considerati contro natura e infamanti. Tra questi ultimi rientravano l’omosessualità passiva, la pratica della fellatio e del cunnilinctus, come pure l’omosessualità femminile.
A proposito di amore coniugale
Stando a Ovidio, pare che le “Cornelie” (termine derivato da Cornelia, madre dei Gracchi, divenuta simbolo di donna retta e onesta) fossero davvero poche! Mentre il poeta satirico Giovenale, descrive Messalina, la moglie dell’imperatore Claudio, che di notte, mascherandosi per non essere riconosciuta, si reca in un volgare postribolo e che per tutta la notte si accoppia con uomini di tutte le risme e di tutte le razze. Ci informa anche che neppure le maestose matrone romane erano delle “Cornelie”: esse per dare sfogo alla loro irrefrenabile libidine senza rischi (in mancanza di preservativi o di anticoncezionali), ricorrevano alla castrazione dei loro giovani amanti!
Questo fatto testimonia che nella società romana, almeno in epoca imperiale, erano diffuse pratiche che garantivano un maggior godimento sessuale. Da Marziale apprendiamo che i romani e le romane utilizzavano ogni mezzo per raggiungere il piacere, dalle mani alle pratiche orali e con abilità straordinaria, stando a Ovidio. Secondo quest’ultimo, maestre insuperabili erano soprattutto le donne più mature, capaci di cose inconcepibili anche dalla più fervida fantasia di un artista!
Nella società romana esistevano più forme di omosessualità.
- La prima potremmo definirla omosessualità normale.
- La seconda derivava dalla particolare diffusione che essa aveva fra i legionari romani. Si trattava della omosessualità politica o imperialistica: il vincitore afferma la sua superiorità e il suo dominio sul vinto sodomizzandolo, umiliandolo e degradandolo al livello di femmina. Il che si spiega col prevalere del maschilismo della cultura romana. Ancora oggi si ha la presenza, soprattutto nelle carceri, di questo tipo di omosessualità, così come si ha, fuori delle carceri, la drammatica presenza dello stupro, anch’esso “imperialistico”, come hanno tragicamente mostrato gli orrori perpetrati nella ex Juogoslavia.
- Vi era un terzo tipo di omosessualità, che si potrebbe definire letteraria. Quando ad esempio Orazio, eterosessuale esclusivo, celebra l’efebo, si tratta di una finzione letteraria, perché il grande poeta prendeva come modello la grande poesia lirica greca di Saffo, la quale cantava un vero e appassionato amore omosessuale. Di qui la presenza di una omosessualità di natura letteraria che nulla ha a che vedere con autentiche tendenze omosessuali dell’autore.
In generale, però, a Roma l’omosessualità fra adulti, come emerge da Marziale, fu derisa, riprovata e rifiutata.