I primi rapporti sessuali arrivano a 17 anni ma con le idee poco chiare sulla contraccezione e con poca consapevolezza sui rischi che si corrono avendo rapporti sessuali non protetti.
È questo il quadro che emerge dall’ultimo studio del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali sul campo della ricerca in ambito economico e sociale dal 1934) sulla «Conoscenza e prevenzione del Papilloma virus e delle patologie sessualmente trasmesse tra i giovani in Italia», condotto su 1000 giovani di età compresa da 12 ai 24 anni.
Il 74.5% dei Millenials (la generazione nata tra i primi anni ‘80 e il 2000) si protegge dalla infezioni sessualmente trasmissibili, il 70.7% usa il profilattico ma il 17.6% è convinto che basti usare la pillola anticoncezionale per proteggersi dalle malattie sessuali.
Sulla contraccezione poche idee e confuse
L’analisi ci dice che i primi rapporti sessuali completi arrivano a 17 anni, sebbene già dai 16 anni ci siano i primi approcci sessuali, e che il 92.9% di chi ha rapporti sessuali completi dichiara di stare attento a proteggersi ma in realtà solo 70.7% usa il profilattico. Il restante 22.2%, quindi, se la matematica non è un’opinione si divide tra chi usa la pillola anticoncezionale (17.6%) e chi pratica il coito interrotto (4.6%).
Da questi dati emergono due convinzioni sbagliate: la prima che la pillola protegga da malattie veneree e l’altra, ancora più ingannevole, che il coito interrotto sia una buona pratica anticoncezionale e di prevenzione sessuale.
Discostandoci un po’ dallo studio del Censis, è particolarmente diffusa l’idea che praticare il coito interrotto scongiuri ogni possibilità di una gravidanza. Ciò che non si sa, soprattutto tra i giovani, è che per la fecondazione bastano poche gocce di liquido pre-eiaculatorio, che molto spesso fuoriescono in modo del tutto incontrollato e inconsapevole. Per farla breve, si può rimanere incinta anche se, in un rapporto non protetto dal profilattico, l’eiaculazione avviene fuori dal canale vaginale.
Quanto e dove si parla di sessualità e prevenzione
Il 93.8% dei giovani tra i 12 e i 24 ha sentito parlare di malattie sessualmente trasmissibili: tutto sommato, alla luce di tutta l’analisi in questione, si tratta di un buon dato. Ma anche in questi casi le idee sono alquanto confuse: tra le malattie più conosciute, perché tra le più citate, c’è sicuramente l’AIDS, seguita da Sifilide, Candida e Papilloma Virus in percentuali molto molto basse.
Per quanto riguarda invece le modalità di trasmissione delle MST, l’81.8% sa che le malattie veneree si trasmettono per rapporti sessuali completi, il 58% sa invece che si possono trasmettere anche per rapporti sessuali non completi. Per il 64,6% il preservativo è uno strumento sufficiente a prevenire la trasmissione delle malattie, ma solo il 17,9% è consapevole del fatto che non si possano eliminare i rischi di contagio se si è sessualmente attivi.
Ma qual è la fonte di informazione dei Millenials?
Ai primi posti, com’è facile immaginare, riviste e social network (ben il 62.3% dei giovani intervistati ammette di cercare informazioni sulle infezioni sessuali attraverso i media), solo dopo, troviamo la scuola (53.8% dei casi) e in ultima istanza, valido solo per il 9.8% di loro, medici di famiglia, medici specialisti e farmacisti.
Siamo alle solite, dunque: se di sesso si parla (a scuola o in famiglia), se ne parla o troppo poco o male.
Nessun riferimento, per esempio, al sesso orale quale portatore anch’esso di rischio di contagio.
C’è bisogno di più informazione e prevenzione
Insomma, raccogliendo i dati e le considerazioni finali di chi ha partecipato all’analisi del Censis, il 50% dei Millenials intervistati dichiara di avere dubbi in materia di sessualità.
«Parlando di Papillomavirus e di maschi, per esempio, spesso i ragazzi non sospettano minimamente di poter essere portatori di una infezione che può anche causare un tumore» sostiene Andrea Lenzi, Professore ordinario di Endocrinologia dell’Università La Sapienza di Roma.
«Pensano che le infezioni da Papilloma Virus siano un problema legato a determinate fasce di popolazione e non causate da comportamenti a rischio» ha dichiarato Walter Ricciardi, Presidente dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità).
Condivisa e conclamata, quindi, la necessità da parte di tutte le istituzioni e canali di informazione di attivare piani di sensibilizzazione ideati specificamente per i giovani, per proteggere la loro salute e la loro fertilità. Ci vuole più informazione sui rischi che si corrono e sulle modalità di trasmissione delle malattie sessuali, ci vuole una maggiore educazione al preservativo e al suo uso.
C’è bisogno che si dica ai giovani come conservare, indossare e utilizzare il profilattico, che al momento, se usato correttamente, è tra tutti gli strumenti anticoncezionali l’unico a garantire la massima protezione contro le malattie sessualmente trasmissibili.
Solo così si potrà ridurre l’impatto della salute sessuale sia a livello individuale che di sanità pubblica, perché anche in questo caso, più che in altri, vale la regola per cui “prevenire è meglio che curare”.