La teoria dell’evoluzionismo, elaborata 150 anni fa da Charles Darwin, si basa su questi concetti basilari: piante e animali si evolvono grazie al caso che di tanto in tanto propone una mutazione nel patrimonio genetico. Se questa mutazione è svantaggiosa, la forma vivente soccombe e non lascia eredi con quel carattere; se invece permette di adattarsi meglio all’ambiente (selezione naturale) o di riprodursi di più, essendo preferito per selezione sessuale, il suo carattere mutato si afferma e viene trasferito alle generazioni successive. E questo non vale solo per gli aspetti fisici come le pinne per nuotare o le penne per volare, ma anche per la bellezza e per i comportamenti-base che, nel loro insieme, chiamiamo strategie riproduttive. L’applicazione dello studio scientifico ed oggettivo alla bellezza, da sempre argomento della sensibilità artistica e dei gusti soggettivi, è una sfida da raccogliere per comprendere meglio tutta una serie di interrogativi riguardanti la bellezza, l’attrazione e le strategie riproduttive.
La “biologia della bellezza”, come ogni vera scienza, si contraddice di continuo e per questo l’esposizione di questo argomento non può che essere problematica.
Bellezza negli animali e selezione sessuale
I maschi in genere hanno un potenziale riproduttivo illimitato, visto che producono gli spermatozoi, gameti piccoli, numerosi e a basso costo biologico. Le femmine invece, producono gameti biologicamente più costosi, hanno l’impegno di prendersi cura della prole e non possono riprodursi in continuazione come i maschi. Questa evidenza le spinge a ricercare il maschio migliore con cui accoppiarsi anche se che cosa significhi “maschio migliore” è ancora un punto controverso. Infatti, le femmine di alcune specie scelgono il maschio in base all’investimento che ripone nell’allevamento della prole, mentre le femmine di altre specie lo scelgono in base a qualità che può trasmettere alla prole.
Nel pavone, per es., i maschi sono più belli, hanno un piumaggio più colorato e sono dotati di più ornamenti rispetto alle femmine: durante il corteggiamento , attraverso complesse esibizioni, i maschi mostrano esplicitamente queste caratteristiche in modo da permettere alle femmine di scegliere.
Non si sa ancora cosa stiano scegliendo le femmine attraverso questi ornamenti: stanno forse valutando la qualità genetica degli individui dagli ornamenti migliori, così da trasmetterla alla prole? Stanno invece valutando se il maschio è sano, in modo che non trasmetta parassiti che potrebbero pregiudicare la riproduzione della specie o la sua sopravvivenza? Un’ulteriore alternativa potrebbe essere, infine, che scegliere ciò che scelgono le altre femmine sia semplicemente la strategia adattiva migliore, poiché i maschi più desiderati produrranno una prole che condividerà lo stesso successo riproduttivo del padre portando un beneficio anche alle femmine. L’ipotesi che le femmine stiano ricercando degli indicatori affidabili della qualità genetica può essere provata dimostrando che i maschi con gli ornamenti migliori e più ricchi sopravvivono meglio degli altri. Ne consegue che solo i maschi con una buona qualità genetica e più forti riuscirebbero a sopravvivere nonostante l’handicap che portano (l’ornamento potrebbe ad es. costituire un impedimento nella lotta o nella fuga), giustificando così la preferenza femminile per il tratto maschile esagerato.
La bellezza negli esseri umani
Nella nostra specie è ormai comprovato che esistono sistemi della corteccia cerebrale specifici per riconoscere la bellezza. È stato dimostrato con la risonanza magnetica funzionale che una parte della corteccia frontale è coinvolta selettivamente durante la percezione di stimoli belli o brutti e che la visione di stimoli belli attiva i circuiti nervosi responsabili della motivazione e dell’autoricompensa solo nel caso in cui gli stimoli estetici corrispondano all’altro sesso.
Abbiamo le strutture per elaborare la bellezza e i circuiti per indulgere nell’attrazione verso un partner; ma su che base scegliamo resta ancora tutto da chiarire.
Ruolo della cultura nel giudizio estetico
Il viso è un mezzo di comunicazione non verbale per l’essere umano, che se ne serve per comunicare agli altri messaggi su se stesso, la propria identità, l’età, il sesso e l’umore. Il volto diventa fondamentale per le relazioni e può essere uno dei principali criteri per la scelta di un partner. Inizialmente gli scienziati hanno pensato che la bellezza fosse inscindibile dalla conoscenza, dalla cultura, dall’era storica e dalle esperienze della persona. Ritenevano che fosse soggettiva, particolare, temporanea e personale; insomma pensavano che la bellezza fosse una concezione culturale arbitraria. Questo assunto è stato criticato e falsificato, almeno in parte, dalla visione della percezione del bello come prodotto della selezione naturale. Secondo alcuni studiosi le caratteristiche geometriche del volto che producono la percezione della bellezza potrebbero essere universali e tale percezione potrebbe essere governata da circuiti cerebrali modellati dalla selezione naturale.
Esperimenti hanno dimostrato che i giudizi espressi dagli appartenenti a culture diverse sulla bellezza del viso, presentano tra loro molte più somiglianze che divergenze.
Ciò dimostra che il giudizio sulla bellezza del viso può essere il risultato di un processo culturale specifico della propria storia ed esperienza personale, ma è anche e soprattutto legato a caratteristiche generali innate che appartengono all’uomo e che si sono evolute col tempo.
Gli studi di biologia evoluzionistica
Gli studiosi di questa disciplina hanno sviluppato le seguenti ipotesi.
Ipotesi dei valori medi.
L’ipotesi della mediocrità (intesa come valore medio), per cui la bellezza sarebbe incarnata dalla media delle caratteristiche di una popolazione umana, si basa sul principio che le pressioni selettive dell’evoluzione operano contro gli estremi della popolazione.
Secondo questa teoria, il senso estetico che regola la vita amorosa sarebbe un prodotto della selezione sessuale di Darwin, e sarebbe orientato verso le persone con caratteristiche comuni, perché sono per definizione quelle più facilmente reperibili.
Ipotesi delle caratteristiche estreme.
Secondo altre ricerche la media non dovrebbe essere l’unico criterio di bellezza favorito dall’evoluzione; infatti, secondo il principio della selezione sessuale, alcuni animali potrebbero essere scelti proprio per alcune caratteristiche estreme, come ad es. la coda del pavone. Il meccanismo potrebbe funzionare anche per l’uomo, nel quale agiscono caratteristiche di bellezza amplificate al massimo. Queste caratteristiche estreme di alcuni animali, potrebbero essere favorite perché vengono lette e interpretate come segni di resistenza alle malattie e ai parassiti, di capacità di procurare abbastanza risorse per la prole e quindi, come indici di salute e di buoni geni.
Simmetria del volto.
Tra le caratteristiche geometriche più attraenti vi è la simmetria, che rappresenterebbe un indice di salute. Tuttavia sappiamo che alcune asimmetrie possono essere anche attraenti e si può anche notare come molti ricerchino volontariamente, con acconciature e ornamenti, asimmetrie che non rendono meno attraente il loro aspetto, come ad es. l’indossare un solo orecchino.
Bellezza del corpo.
Gli studiosi hanno elaborato tre ipotesi, in apparente conflitto tra di loro, che attribuiscono un chiaro significato adattivo alla bellezza del corpo.
- La bellezza del corpo rappresenta un indicatore affidabile di salute fisica e quindi di sana costituzione: scegliere un partner bello significa avere un potenziale genitore sano che farà figli sani.
- Da un altro punto di vista è possibile sostenere che la bellezza indica fecondità e capacità di produrre figli indipendentemente dalla salute; secondo questa ipotesi i maschi dovrebbero scegliere caratteristiche correlate con la fecondità delle femmine ovvero la giovane età, forme adeguate che mostrino grasso sufficiente per la gravidanza e l’allattamento, ecc.
- La terza interpretazione, alternativa alle precedenti, è che la bellezza non sia altro che l’evoluzione rapida di caratteristiche che piacciono alla massa, alla moda delle persone e che quindi scegliendo gli individui preferiti dalla massa si aumentino le possibilità di trasmettere tali caratteristiche ai propri figli i quali a loro volta, indipendentemente dalle proprie condizioni di salute e dal proprio stato di fecondità, saranno scelti più facilmente e si diffonderanno nella popolazione.
Bellezza e salute.
Gambe lunghe, proporzioni del corpo slanciate e simmetriche, torace sviluppato e voluminoso nelle femmine, fianchi stretti e muscolosi negli uomini, sono indicatori di uno sviluppo corretto e armonico che potrebbe sottostare ai buoni geni che lo consentono. Anche il colorito della pelle opportunamente chiaro per sintetizzare la vitamina D alle latitudini medio-alte, e un colorito più scuro alle latitudini inferiori per preservare il soggetto dall’incidenza dei melanomi sarebbero a favore dell’ipotesi che la bellezza è un indicatore di salute.
Bellezza e fecondità nelle donne
Altri studi hanno messo in discussione la relazione fra salute e bellezza sostenendo che gli individui belli non vivono più a lungo, né sono più sani, e ciò vale soprattutto per i maschi, ma semplicemente vivono più facilmente perché la loro bellezza li aiuta in tutti i campi. È stato dimostrato che le caratteristiche che attraggono un potenziale partner sono assai numerose: l’umorismo, l’intelligenza, la capacità di acquisire risorse, la dolcezza e la comprensione.
Nella scelta maschile, la bellezza fisica resta spesso, comunque, determinante: si ricerca una compagna giovane, generalmente fra i 20 e i 35 anni, dal corpo tonico, con la pelle idratata, il seno sodo, i capelli lucidi, i denti bianchi, gli occhi luminosi, ecc.. Sembrano questi tratti gli indicatori di buona salute.
Ma una donna di 50 anni con le rughe, deve per forza essere malata?
Sembra che tutte le caratteristiche che gli uomini descrivono come attraenti nei corpi delle loro compagne conducano a un solo punto, che non necessariamente ha a che vedere con la salute: una spiccata preferenza per le femmine giovani.
Le donne giovani differiscono dalle altre donne essenzialmente nella fecondità, ovvero hanno la possibilità di generare figli. La fecondità femminile inizia al menarca, raggiunge il suo picco ai 23-24 anni e decresce per annullarsi alla menopausa intorno ai 50 anni.
Un tratto generale presente in tutte le culture studiate è che i maschi preferiscono le femmine dal corpo con la “forma a clessidra”, ovvero un rapporto tra i fianchi e la vita di circa 0,7, mentre non amano un corpo tubolare e tanto meno pance grosse e fianchi stretti. Secondo alcuni il rapporto ottimale tra fianchi e vita rileva accuratamente sia lo stato di salute che quello di fecondità delle femmine, secondo altri l’indice di massa corporea, ovvero il rapporto tra il peso e la statura, sarebbe un indicatore più efficiente di attrattività.
L’attrattività nel maschio
Gli studi avvalorano l’idea che le femmine preferiscono volti di maschi dolci e femminilizzati nella fase non fertile, mentre in quella fertile apprezzano di più volti mascolini, con mascelle larghe e tratti marcati. Nell’antica Grecia e nei periodi classici si celebrava la perfezione del corpo maschile atletico e proporzionato che ha trovato il suo culmine nel famoso uomo vitruviano, rappresentato da Leonardo da Vinci: un corpo inscritto in un quadrato e poi in un cerchio.
In epoca più recente, invece, l’attenzione verso la bellezza maschile è diminuita per lasciare il posto a quella femminile. La domanda che ci si pone è che cosa rende attraente un uomo? Nella nostra specie come in quasi tutti i mammiferi e gli animali in genere, sono le femmine a scegliere il partner, a meno che non siano forzate o costrette socialmente.
L’attrazione, nei maschi della nostra specie, si misura con i buoni geni e la bellezza, ma anche con la capacità o la potenzialità di acquisire risorse. Nella nostra specie, allevare i piccoli è assai “costoso”: la capacità che i maschi hanno di conferire risorse sufficienti per garantire alla femmina un allevamento dei propri piccoli sicuro e protetto è dunque un valore per la scelta del partner. La capacità di produrre denaro nella nostra società è lo strumento attraverso cui la femmina può misurare il potenziale partner. In questo caso la giovane età può divenire uno svantaggio, perché può accadere che il maschio non sia ancora in grado di dimostrare la propria capacità di acquisire risorse adeguatamente.
Le femmine hanno un doppio beneficio: si garantiscono una maggiore sicurezza durante l’investimento parentale, inclusa la garanzia di offrire ai propri piccoli risorse e istruzione adeguate, e si assicurano di trasmettere tali caratteristiche genetiche alla propria prole maschile che continuerà a esprimere tali capacità e i vantaggi riproduttivi che comportano. Il possesso di queste caratteristiche non è semplicemente appreso con l’esperienza ma è lecito pensare che possieda alcune componenti ereditarie e genetiche, come l’intelligenza, la cognizione sociale…
Una obiezione a questo punto di vista potrebbe essere che spesso le femmine non si sentono rappresentate da questa presunta loro preferenza per il partner basata sulla capacità di acquisire risorse e potere. Ciò è assolutamente vero; infatti, le femmine della nostra specie si ripartiscono in due grandi classi: quelle che valorizzano la capacità di acquisire risorse e quelle che invece non valorizzano tale capacità bensì sono sensibili alla seduzione dei buoni geni con cui fare figli sani e prestanti e quindi sono sensibili alla bellezza. I maschi, di conseguenza, si sono specializzati allo scopo di aumentare il proprio successo riproduttivo, aumentando la capacità di acquisire risorse e proporre relazioni durature, ovvero, se le proprie caratteristiche fisiche e personali lo consentono, si specializzano nella seduzione, nel fascino e nei rapporti a breve termine, esattamente come fanno i pavoni maschi e tanti altri animali maschi.